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IL TASSELLO RIEMERSO DELL’ANTICA PARROCCHIALE DI SANTA SOFIA

venerdì, Gennaio 26th, 2024

Signore, se mi dai la forza per sorreggerti e portarti a casa ebbene, sennò vuol dire che devo lasciarti qui”. Biagio Chiarello dopo aver pronunciato queste parole e preso tra le braccia il pesante busto dell’Ecce Homo lo portò nella propria abitazione, salvandolo di fatto da quello che sarebbe stato il definitivo abbattimento dell’antica chiesa parrocchiale di Santa Sofia. Definitivo perché a dare inizio alla demolizione ci aveva pensato il suo stesso campanile nella famigerata notte del 17 aprile 1932, quando, a causa del cedimento del terreno argilloso situato sotto alle fondamenta in concomitanza con le abbondanti piogge burrascose, crollò su sé stesso abbattendo irrimediabilmente l’intera ala destra della chiesa situata alle sue spalle. Si salvò dalla distruzione la facciata e l’intera ala sinistra della parrocchiale ma, nonostante ciò, dal momento che la stabilità era stata irrimediabilmente compromessa dall’evento catastrofico, si decise di provvedere all’abbattimento e alla costruzione ex novo dell’edificio nella forma e posizione che oggi vediamo.

La precedente parrocchiale era antica e non poco. Le foto superstiti in bianco e nero che la ritraevano sono testimoni di un prospetto dall’impostazione tardomanieristica frutto della Controriforma che dettava i tempi di una pianificazione maniacale nell’architettura delle facciate come quella di Santa Sofia. Parliamo pertanto di un edificio con una definita impronta di fine Cinquecento, confermata da uno dei documenti nodali per gli edifici religiosi dei paesi ricadenti nell’antica diocesi di Alessano, ovvero la Visita Apostolica del 1628 di mons. Andrea Perbenedetti che, tra le altre, visitò e relazionò sulla parrocchiale corsanese, affidandoci dettagli e spunti di ricerca molto interessanti. Pochissimi anni dopo, nel 1636, ci fu uno dei tanti avvicendamenti feudali con l’arrivo nel casale di Corsano della famiglia Capece che con le sue ricchezze apportò novità sostanziali dal punto di vista architettonico e artistico.

Dobbiamo immaginare quella che era la più antica piazza del paese, l’odierna piazza Umberto I, dove non a caso si affacciava il potere temporale del feudatario, quello spirituale della Chiesa e quello civile della civica Universitas, come un luogo particolarmente vivace in quel primo scorcio del Seicento. In quegli anni erano aperti i cantieri del castello baronale, che prendeva sempre più le sembianze di una sontuosa residenza nobiliare, e quello della parrocchiale di Santa Sofia che in quegli anni era soggetta a un’importante opera di allargamento. Oggi le fonti orali raccontano di quello che gli occhi dei tanti corsanesi hanno visto prima dello sfortunato crollo di una chiesa che con i suoi tanti altari era testimone soprattutto della fase storica seicentesca dove non poteva mancare l’esuberanza dei ricami e degli intagli barocchi. La Storia recente ci racconta che il 17 settembre appena trascorso, su iniziativa del parroco don William, i familiari di Addolorata Chiarello, scomparsa recentemente, hanno dato seguito alla volontà della loro congiunta di far tornare in chiesa il busto lapideo dell’Ecce Homo che aveva custodito gelosamente per tanti anni a testimonianza della fede e in ricordo dell’amato padre. La pregevole scultura in pietra leccese è senza dubbio uno degli elementi della statuaria facente parte di una articolata macchina d’altare barocca. Tra gli altari presenti in chiesa, due primeggiavano per ricchezza di decorazioni e grandezza, quello intitolato al protettore San Biagio e quello del Ss. Crocefisso, entrambi in stile barocco. Tra quelli che furono abbattuti dal crollo del campanile figurava sicuramente l’altare del Crocefisso che i baroni Capece eressero e dotarono sotto il proprio patronato, incastonandolo nel cappellone seicentesco inglobato nell’ala destra incriminata tre secoli dopo dal violento cedimento.

L’Ecce Homo doveva appartenere al complesso iconografico e simbolico della Passione di Gesù Cristo e pertanto poteva trovarsi ragionevolmente nell’altare barocco del Ss. Crocefisso. Un altro tassello riemerge e si aggiunge alla storia dell’antica Santa Sofia con l’auspicio che si possa fare luce sul passato glorioso di una parrocchiale demolita e che non si rassegna a scomparire.

Salvatore Musio