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FIDAS: FINALMENTE SI RIPARTE!

lunedì, Gennaio 16th, 2023

Finalmente si è ripartiti quasi nella normalità, quasi perché ancora non abbiamo del tutto sconfitto questo maledetto Covid-19. Andiamo per gradi cercando di riassumere per flash un anno intenso.

Rinnovo del Direttivo. Il 2022 è iniziato con l’elezione del nuovo consiglio direttivo della Fidas Corsano, con un mix di conferme e nuovi ingressi. Le novità sono rappresentate dalla presenza dei consiglieri Biagio Bleve, Gianluigi Longo, Gina Bleve, Franco Chiarello. Sono, invece, ormai delle preziose conferme quelle di Gabriele Russo (Vice Presidente), Tommaso Casciaro (Segretario), Luigi Orlando (Tesoriere), insieme ai consiglieri Samantha Bleve, Palma Mastrocinque e Antonio Chiarello. Un grazie sentito è indirizzato a Fabiola Bisanti per il valido supporto e la collaborazione. Consentitemi, inoltre, di ringraziare il consigliere uscente Stefano Licchetta per il contributo profuso nei suoi 4 anni di mandato. 

Il Ricordo. I cambiamenti, purtroppo, hanno toccato anche gli affetti più cari per la nostra famiglia Fidas, perché nel 2022 è venuto a mancare Vincenzo Casciaro (Nzini per tutti noi). Un pilastro storico dell’associazione. Un socio sempre presente ed attivo. Un Uomo che incarnava il vero significato del volontariato. Un amico sincero. Grazie da tutti noi Nzini.

Convengo dell’11 marzo. Un evento importante, che si è potuto finalmente realizzare, è stato il convegno sul tema “La cultura del dono nella società in trasformazione”,  tenutosi  l’11 marzo nel salone parrocchiale. In occasione dell’incontro è stata inaugurata la statua del donatore in Piazza Don Ernesto Valiani, in tal modo dando un segno tangibile dell’impegno dei donatori e scegliendo uno spazio che reca il nome del Socio Fondatore della nostra Fidas, Don Ernesto Valiani. L’incontro di approfondimento si è potuto svolgere nel migliore dei modi grazie al Sindaco Dott. Biagio Raona ed a tutta l’Amministrazione Comunale per la disponibilità dimostrata e grazie all’apporto della Parrocchia. Al Convegno hanno preso parte relatori di indiscusso spessore come Sua Eccellenza Mons. Vito Angiuli (Vescovo Diocesi Ugento –Santa Maria di Leuca), la Dott.ssa Cav. Maria Stea (Presidente Regionale ADMO), l’Avv. Emanuele Gatto (instancabile Presidente Regionale e Provinciale FIDAS) e l’Avv. Carlo Ciardo (Avvocato e Dottore di Ricerca dell’Università del Salento).  La serata ha visto la partecipazione di un folto pubblico e l’intervento anche di quasi tutte le consorelle Fidas Leccese e non solo.

Concorso di disegno nelle scuole – Non poteva mancare la collaborazione con l’Istituto Comprensivo “B. Antonazzo” con il Concorso di disegno “A scuola di dono” che ha coinvolto le classi terze della scuola secondaria di primo grado. Questo appuntamento si rinnova grazie alla disponibilità del Dirigente Scolastico, Prof. Fernando Simone, ed alla passione di tutte le docenti, sempre pronte a supportare la nostra iniziativa.

LILT e vendita Stelle di Natale – All’inizio di dicembre è stata confermata la collaborazione ormai trentennale con la LILT per la vendita delle stelle di Natale. Un impegno sentito e partecipato dai corsanesi.

Gli auguri ai nuovi diciottenni – Non potevano mancare gli auguri a tutti i ragazzi  che nel 2022 sono diventati maggiorenni. La maggiore età significa avere più responsabilità, diritti e  doveri ed è per questo che, come sempre, abbiamo ricordato ai nostri ragazzi la possibilità di poter entrare a far parte della grande famiglia Fidas Corsano con il semplice gesto della donazione del sangue.

Corso Nazionale Fidas – Abbiamo confermato la nostra presenza al Corso Nazionale Fidas tenutosi a Roma dal 25 al 27 novembre. Aggiornarsi è la base per promuovere e rapportarsi con le nuove regole della donazione del sangue, in modo da operare in maniera corretta e consapevole.

Festa del donatore 2022 – Finalmente siamo tornati ad organizzare la “Festa del Donatore”, trascorrendo una giornata all’insegna della spensieratezza e dell’allegria insieme a tutti i donatori, ritrobìvandoci in un momento al Ristorante Re dei Re.

Un grazie particolare è rivolto ai nostri parroci, Don William Del Vecchio e Don Luca Roberto, sempre disponibili nel promuovere le giornate della donazione ed interpreti autentici della donazione del sangue.

Concludo invitando a continuare a donare. Mi rivolgo soprattutto ai nostri giovani, affinchè possano avvicinarsi al mondo della donazione e far parte attivamente della nostra associazione. Abbiamo bisogno soprattutto di loro, delle loro idee, della loro genuinità: “E’ vero che se aiuti una sola persona non cambi il mondo intero, però puoi cambiare il mondo di una persona”.

Auguro a tutti i lettori un sincero e Sereno Natale e un felice inizio Anno Nuovo e ringrazio La Voce di Corsano per il sostegno e l’attenzione.

Biagio Mauro

Presidente Fidas Corsano

INTERVISTA AL MARESCIALLO LEONE

domenica, Gennaio 15th, 2023

La Redazione de “La Voce di Corsano” ha rivolto alcune domande al Maresciallo Francesco Leone al termine della sua lunga esperienza professionale ed umana al comando della stazione dei Carabinieri di Corsano-Tiggiano. Di origine campana ma vanta una costante presenza corsanese come Comandante della Stazione dal 1995, anno di insediamento della stazione medesima, fino al Settembre scorso. Alla presenza lavorativa si è affiancata, ovviamente, anche una altrettanto importante ed edificante esperienza di vita, tanto è vero che l’ormai ex Comandante di stazione è sposato con Lucia ed è padre di Roberto, Federico e di Anna Laura oltre ad essere nonno di Riccardo.

Era Gennaio 1995 quando Lei, giovane brigadiere di 32 anni, veniva assegnato al Comando della neonata Stazione dei Carabinieri di Corsano-Tiggiano. La sua prima esperienza di comando che è coincisa anche con il primo insediamento di una stazione dei Carabinieri a Corsano. Che ricordi ha del Suo insediamento?

Era esattamente, il 28 Gennaio del 1995, un’emozione indescrivibile, anche perché in fondo, ero abbastanza giovane per assumere un incarico così delicato e importante. Era un sogno che avevo da quando ho intrapreso la mia carriera militare. Essere al servizio delle persone, aiutarle, soprattutto i più deboli, dare il mio contributo per garantire la legalità, ed ho sempre ritenuto che ciò, potesse avvenire, lavorando alla stazione e assumendo il comando, avrei potuto ancora di più realizzare questa mia aspirazione. I primi tempi ero chiaramente frastornato dalle incombenze non semplici che seguivano l’apertura di un nuovo reparto dell’arma.

Lei ha origini campane. Come è stato l’impatto con questa terra e con i corsanesi? E nel corso del tempo, rispetto alle impressioni iniziali, come si è modificato la sua percezione dei salentini in generale?

La mia carriera militare si è svolta totalmente in Puglia (a parte i due anni di corso) esattamente ho trascorso: – 2 anni a Casarano- 5 anni a Mesagne- 2 anni a Tricase e ben 27 nella mia Corsano. Nella mia terra d’origine (Ercolano) ho trascorso 23 anni, dunque capirete bene che mi sento corsanese a tutti gli effetti, anche se per ragioni logistiche, non abito più a Corsano, la vostra città sarà sempre nel mio cuore. Anche se all’inizio c’è stata una reciproca diffidenza, con il tempo ci siamo conosciuti, apprezzati e rispettati, nutro per questo un profondo rispetto della gente di Corsano.

Una domanda secca: un pregio ed un difetto dei corsanesi?

Pregio: laboriosi. Difetto: sparlare.

Veniamo alla sua esperienza professionale, lunga articolata e quasi interamente corsanese. C’è una indagine o un’operazione o un intervento del quale conserva un ricordo particolare per la complessità o per il successo dello stesso?

In 27 anni sono successe tante cose, in termini di operazioni, ricordo quella del 2001, che portammo a termine con il nucleo operativo di Tricase e con i carabinieri di Alessano. Dopo più di 8 mesi di intercettazioni, pedinamenti, inseguimenti ed arresti, smantellammo un’organizzazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti, composta da 5 corsanesi e da due giovani dei paesi limitrofi.

I Carabinieri sono da sempre il presidio di legalità di più immediata percezione da parte dei cittadini e immaginiamo che anche a Corsano si siano rivolti a lei per le richieste più diverse. Ci dice la segnalazione più curiosa o magari più dolce (da parte di un bambino o una bambina) che ha avuto?

Ricordo che un giorno, mentre mi trovavo fuori di pattuglia, un bambino si è avvicinato in lacrime singhiozzando, non riusciva a parlare per la disperazione, dopo averlo tranquillizzato gli ho chiesto il motivo del suo pianto, aveva appena smarrito il proprio cane. Con un po’ di fortuna riuscimmo a rintracciarlo ed al momento della consegna, mi ha inaspettatamente abbracciato piangendo per la contentezza (una tenerezza indescrivibile). In quel periodo i miei figli avevano più o meno la stessa età e quell’ abbraccio ha avuto un valore assoluto, rendendomi orgoglioso del mio lavoro.

Dopo decenni Lei ha il quadro della società corsanese e della sua evoluzione. Se dovesse fare una graduatoria quali sono le problematiche che maggiormente attanagliano la nostra comunità?

Sicuramente il problema più serio ed attuale è senza dubbio la droga. Nella nostra comunità ci sono numerosi assuntori e di conseguenza proliferano gli spacciatori. Spesse volte sono gli stessi assuntori che si improvvisano spacciatori per il bisogno continuo di assumere droga. Questa tipologia di persone ha alle spalle famiglie che a loro volta purtroppo vivono un grande disagio, disperate perché non trovano la forza di chiedere aiuto e farsi aiutare. C’è anche una discreta percentuale di violenza domestica, ma negli ultimi anni grazie alle nuove normative sono state risolte diverse situazioni di disagio. I furti in prevalenza vengono consumati da persone che vengono da altri paesi e che colpiscono indistintamente i vari comuni del basso Salento. Esistono i furti commessi dai paesani, ma quelli si riducono alla sottrazione di bottiglie di conserva, animali da cortile e attrezzi da lavoro. Ultimamente una problematica emergente è la ludopatia, sicuramente da non sottovalutare.

Al comando della Stazione di Corsano è giunto il Maresciallo Giuseppe De Nuccio. Quale consiglio intende dargli?

All’amico Maresciallo Giuseppe De Nuccio che stimo come persona e come collega, preparato e professionale, gli auguro innanzitutto quanto prima di assumere ufficialmente il comando della stazione dei carabinieri di Corsano. Mi sento di consigliargli di ascoltare le persone che vengono in caserma, anche quando quello che rappresentano può non essere di nostra competenza. È nostro dovere dare conforto alle persone in difficoltà e nei limiti del possibile aiutarle a risolvere i loro problemi.

Lo scorso settembre nel commosso saluto alla cittadinanza Lei ha dichiarato di sentirsi un corsanese e di voler continuare a vivere il paese da volontario. In che ambito intende farlo?

Per il momento sono impegnato nella sistemazione della nuova casa. Mi piacerebbe far parte della protezione civile, della FIDAS e mettere al servizio delle istituzioni la mia umile esperienza nel campo sociale. Ho diverse prospettive… quanto prima penso di iniziare.

La Redazione de “La Voce di Corsano” ringrazia il Maresciallo Leone per il lavoro svolto in tutti questi anni e per la disponibilità dimostrata e augura a lui ed alla sua famiglia un sereno futuro.

L’ERA DEI CYBERDIPENDENTI

sabato, Gennaio 14th, 2023

Adalgisa Bisanti

Il disturbo da abuso della rete telematica, Internet Addiction Disorder (IAD), rientra nelle nuove dipendenze, ossia, come suggerisce il termine addiction, nelle dipendenze da un oggetto o dipendenze senza sostanza, che si riferiscono a una vasta gamma di comportamenti anomali tra cui il gioco d’azzardo patologico, la dipendenza da TV, la dipendenza da internet o cyberdipendenza, le dipendenze dal lavoro, le dipendenze dal sesso e dalle relazioni affettive.

La dipendenza da giochi online è un tipo di dipendenza che porta a spendere la maggior parte del tempo e delle energie nell’utilizzo della rete, creando in tal modo menomazioni forti e disfunzionali nelle principali e fondamentali aree esistenziali, come quella personale, relazionale, scolastica, familiare e affettiva.

La scelta del termine Internet Gaming Disorder è determinata dal fatto che numerosi studi hanno mostrato che si ha una maggiore incidenza di comportamenti patologici in caso di gioco in rete, ossia nel mondo virtuale.

Un altro aspetto che riguarda tutti, i più e i meno giovani, è l’uso improprio dello smartphone, che porta a sviluppare un altro problema che prende il nome di nomofobia, ovvero il timore di non poter essere raggiungibile al cellulare, una vera e propria sindrome da disconnessione.

La nomofobia riguarda l’attaccamento allo smartphone, che è molto simile a tutte le altre dipendenze in quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa: in altre parole, incoraggia le persone a svolgere attività che credono daranno loro piacere. Così ogni volta che vediamo apparire una notifica sul cellulare sale il livello di dopamina, perché pensiamo che ci sia in serbo per noi qualcosa di nuovo e interessante. Il problema però è che non possiamo sapere in anticipo se accadrà davvero qualcosa di bello, così si ha l’impulso di controllare in continuazione il telefono innescando lo stesso meccanismo che si attiva in un giocatore di azzardo.

Il telefono cellulare va di pari passo con internet, è uno strumento che consente di essere simultaneamente sempre soli e mai soli.

Recenti studi riferiscono di adolescenti che passano notti insonni per controllare ripetutamente se il loro cellulare, acceso 24 ore su 24, è portatore di qualche messaggio. Esso è un altro modo virtuale per scaricare nell’immediato tensioni e bisogni che andrebbero elaborati in relazioni dirette, stabili e sicure che nel momento storico in cui stiamo vivendo sono sempre più rare. Questo dovrebbe portarci a riflettere su quanto sia necessario invece recuperare le relazioni reali, promuovere un ascolto empatico dei nostri ragazzi e monitorarli per riconoscere i soggetti a rischio e proteggerli.

La soluzione non è di abolire il videogioco, internet o il cellulare anche perché un approccio restrittivo è controproducente.

Auspicabile è invece un modello educazionale che inviti a migliorare il rapporto utente-mass media, soprattutto sensibilizzando i ragazzi riguardo al potenziale danno che un uso inappropriato di tali strumenti digitali può fare.  Non bisogna utilizzare spiegazioni complesse e interminabili e avere la fretta di rispondere subito alle richieste dei ragazzi.

Rispondere presto significa spesso per l’adulto dar prova del proprio sapere: questo frena nel ragazzo la capacità di formulare delle ipotesi. Nessuna domanda di un ragazzo esige una risposta immediata ed esaustiva, così facendo limiteremmo il diritto al sogno e all’immaginario. Non bisogna fare l’errore di sostituirsi ai ragazzi, alla loro capacità di trovare soluzioni. Gli adulti devono esserci come modelli, come guide quando i giovani da soli non riescono a cogliere i pericoli, per aiutarli a crescere come uomini e donne consapevoli, in grado di assumersi le responsabilità delle proprie azioni. Gli adulti devono garantire ai giovani la loro presenza, condividendo le loro esperienze, esprimendo le loro opinioni ma senza imporre le proprie idee, perché i giovani hanno le loro idee.

Occorre dare ai giovani il tempo di cui necessitano per crescere, senza mettere loro fretta per adeguarsi ad un mondo che oggi va troppo veloce; piuttosto è importante evitare di rimandare le occasioni di confronto e di dialogo, che sono momenti fondamentali per non sentirsi soli e per mantenere un contatto con il mondo reale, mantenendo il controllo della propria vita, libera dalla dipendenza.

Dott.ssa Adalgisa Bisanti

Psicologa-psicoterapeuta

 

SIAMO TUTTI CAPACI DI FARE COSE BELLISSIME, UN PASSO ALLA VOLTA

venerdì, Gennaio 13th, 2023
 Sebastien Jacques

Sebastien Jacques

«Ognuno di noi sta correndo una maratona. Dobbiamo goderci il viaggio, con tutti gli alti e i bassi che questo comporta, andare avanti, reinventarci, trovare nuovi modi per adattarci ai cambiamenti e vivere a pieno ogni giorno con tanta gratitudine».

La sua vita è stata stravolta dalla diagnosi di un tumore al cervello. Secondo i medici non sarebbe stato in grado di camminare per più di quindici minuti al giorno, ma dopo l’intervento e la riabilitazione ha percorso due importanti maratone: la “Great Walk”, che attraversa gli Stati Uniti d’America da est ad ovest, e la lunga passeggiata per l’Italia, quarantasette città in poco più di un mese e mezzo, percorrendo circa 40 km al giorno. «Ero una giovane promessa del tennis canadese, abituato a sostenere allenamenti molto lunghi, quando improvvisamente ho iniziato ad avvertire dolore alle gambe e faticavo a restare in piedi per più di dieci minuti, passavo le giornate sul divano sforzandomi di restare positivo ma, sinceramente, è stato difficile». Grazie ad una raccolta fondi, in poche settimane riesce ad ottenere il denaro necessario per sostenere l’intervento, da quel momento Sébastien Jacques ricomincia a vivere. «Dopo l’operazione, tutto ciò che volevo era restituire al mondo l’umanità che mi era stata donata. Persone a me sconosciute hanno partecipato alla raccolta fondi, mi hanno augurato buona fortuna e mi hanno riempito di affetto. Un’operazione al cervello non è mai facile, la buona riuscita non era assicurata e soprattutto il rischio era altissimo, ma tutti loro hanno creduto così tanto nell’intervento da convincermi ad affrontarlo con coraggio e forza.

Giorgia Galati

Ora tocca a me restituire al mondo determinazione e positività, voglio riuscire a dimostrare che niente è davvero impossibile». Definisce la “Great Walk” la più grande avventura della sua vita, non solo per essere riuscito a percorrere 5.400 km in sette mesi, ma anche per essere riuscito a dimostrare che ogni ostacolo può essere superato e che facendolo si può realizzare qualcosa di meraviglioso. «Le persone che ho incontrato lungo il cammino si offrivano di ospitarmi per la notte oppure di preparami qualcosa da mangiare, in sette mesi ho usato la tenda che portavo nello zaino solo nove volte, è un grande risultato ed è ciò che mi rimane quando ci ripenso: oltre la sfida fisica c’è un lato umano della storia fatto di empatia e compassione». Bisogna correre per stare al passo di Sébastien. Il 16 novembre ha preso il via la sua nuova sfida, percorrere lo Stivale in cinquanta giorni, scegliendo il tragitto più lungo: la città di partenza è Chiasso, in Svizzera, l’ultima è Santa Maria di Leuca. «Se dopo gli Stati Uniti mi avessero chiesto di indicare la maratona successiva, probabilmente avrei risposto che non ne avrei più percorse. Quella era l’avventura, l’unica che mi serviva per farmi capire che ero ancora in grado di farcela. Poi, un importante e caloroso seguito italiano mi ha dato la spinta che mi serviva. Ho scelto di percorrere dei tratti della via Francigena, mi condurrà a Santa Maria di Leuca il 5 o il 6 gennaio, dove spero di conoscere tanta gente e di condividere con loro ciò che ho passato. Sono un uomo ordinario che ha superato le proprie difficoltà ed ha raggiunto obiettivi più o meno grandi. Sono sicuro che ciò che ha fatto la differenza è stato il modo di pormi e di affrontare il cambiamento, sta tutto nello svegliarsi la mattina e decidere come affrontare la giornata». Quando gli viene chiesto quale sia il suo più grande sogno, risponde «Non è ciò che voglio fare che mi interessa, ma chi voglio diventare. Spero di essere ogni giorno la migliore versione di me, di sorridere e di far sorridere, di riuscire a rendere il mondo migliore, anche solo di pochissimo». Che Sébastien Jacques abbia scelto di concludere la maratona all’inizio del nuovo anno, proprio a Santa Maria di Leuca, de finibus terrae, è la conferma che, citando lo scrittore Daniel Pennac, «proprio quando si crede che tutto sia finito, è qui che comincia».

Giorgia Galati

UN SALTO NEL FUTURO

lunedì, Gennaio 9th, 2023

Foto di Michele Bleve

Quando facciamo nuovi progetti ci proiettiamo nel futuro, spesso sognando condizioni migliori. Ovviamente, quanto più ambizioso è il progetto, più ci carichiamo di aspettative e viene quasi da citare un famoso spot: e se l’attesa del piacere, fosse essa stessa il piacere?

Già dal 2019 il nostro Comune è stato interessato da un progetto di valorizzazione del territorio assieme ai Comuni di Tricase e Tiggiano, che coinvolge uno dei tratti più suggestivi della costa, dove le scogliere più alte sono a picco sul mare. L’idea di realizzare delle attrazioni come un Volo dell’Angelo o un Ponte Tibetano sul mare collegati da sentieri e percorsi naturalistici è sicuramente affascinante, appunto di quelle idee che fanno sognare. La portata di questo progetto, incontra però la naturale diffidenza sulla sua fattibilità e sui tempi di realizzazione da parte di chi è già stato testimone di rinvii per almeno quarant’anni, per la costruzione di una strada.

Questa nuova attrazione potrà avere effetti sul turismo in termini di diversificazione e destagionalizzazione? Analizzando i dati della più vicina struttura di questo tipo, possiamo certamente notare numeri interessanti in termini di voli (circa 17.00 ogni anno), di arrivi, di presenze ma spesso con permanenza dei turisti molto ridotta. Questo potrà probabilmente influire più sull’aumento del traffico che sulla creazione di ricchezza e di occupazione. In Basilicata, circa il 60% dei turisti che frequentano il “Volo dell’Angelo” in primavera e in estate (resta il problema della stagionalità), provengono dalla stessa regione o quelle confinanti (Puglia 30% – Campania 16% – dalla stessa Basilicata circa il 13%) e nella migliore delle ipotesi fanno un pernottamento. Il mordi e fuggi di appassionati di sport estremi o di amanti dei paesaggi naturalistici, non genera un circolo virtuoso per l’economia. È un richiamo per la classica scampagnata fuori porta di una giornata o di un week-end. Superando questo aspetto, con la fiducia che i frequentatori di queste discipline ne approfittino per fare una vacanza più lunga, siamo pronti ad accoglierli? Questa iniziativa dovrebbe procedere di pari passo con la creazione di servizi integrati come aree di ristoro, campeggi attrezzati, strutture ricettive e una migliore viabilità. Senza un’adeguata rete di servizi collegati e connessi con questo progetto, ritengo che non sia un intervento utile al territorio. La forza lavoro impiegata nella struttura di Pietrapertosa e Castelmezzano in Basilicata, ad esempio, è di sole 22 unità: decisamente troppo ridotto l’impatto occupazionale.

Forse più che creare nuove attrazioni, sarebbe auspicabile rendere maggiormente fruibili e produttive le risorse naturalistiche esistenti. Le amministrazioni comunali che si sono consorziate per questo progetto, dovrebbero fare fronte comune per ottenere delle deroghe alle restrizioni imposte dall’Ente Parco, per allargare le maglie di questa rete di protezione e permettere una edificazione con criteri di sostenibilità ambientale; allo stesso tempo trovare un modo per sbloccare tutte le sanatorie di numerose abitazioni nella zona costiera, incagliate fin dagli anni ottanta. Sarebbe opportuno mirare a una conversione legittima di parte delle aree agricole all’edificazione di piccole strutture ricettive, case vacanza, e villette per i residenti. Laddove non ci sono interessi di privati, le zone sono sempre più colpite da incendi e incuria, con una distruzione ancora più radicale di muretti a secco, pajare e macchia mediterranea di quella che potrebbe produrre un contesto vissuto e controllato. Con ciò non penso a un “libera tutti”, ma a una visione del territorio conforme con le nuove esigenze. Questo non significa snaturare e deturpare il territorio, ma sempre nel rispetto delle regole, lo si può rendere gradevole e funzionale alla creazione di posti di lavoro, presupposto essenziale per contrastare il fenomeno dello “spopolamento”.

La litoranea nel tratto della Guardiola, ad esempio, potrebbe non reggere un forte incremento del traffico senza correre il rischio di allontanare il turista tradizionale che sceglie la nostra zona per la tranquillità. Non si tratta di scetticismo o di prevenuta avversione nei confronti delle nuove idee, anzi, in un contesto di turismo maturo e consolidato nelle sue componenti primarie, questi sono gli elementi che fanno fare il salto di qualità, ma non è questo il nostro caso.

Non che un’iniziativa debba necessariamente escluderne un’altra, ma allo stato attuale si tratta di individuare delle priorità: bisognerebbe risolvere il problema di collegare Brindisi aeroporto o Lecce stazione con queste località, perché non è concepibile che con i mezzi pubblici arrivare da Brindisi a Scalamasciu sia praticamente impossibile. Lo strumento giusto per permettere al nostro territorio di spiccare veramente il “volo” sarebbe quel grande progetto mai decollato di una metropolitana di superficie per collegare tutte le marine con le principali stazioni di autobus, treni e aerei. Mi piacerebbe fare un piccolo referendum tra i cittadini dei comuni coinvolti con una semplice domanda: Preferite volare o avere i piedi ben saldi sul vostro terreno? Ovvero, preferite che venga realizzato il “triplice volo” oppure che vi venga consentito di investire in una costruzione sul vostro terreno in una località dove si intravede il mare? Io penso di conoscere la risposta.

Gianfranco Chiarello

LA PRIMA VOLTA

sabato, Gennaio 7th, 2023

Il 25 settembre il popolo italiano si è espresso con voce chiara ed ha di fatto scelto Giorgia Meloni alla guida del Governo della Nazione. Per la prima volta.

È la prima volta che la destra guida l’Esecutivo del paese. È la prima volta che una donna ha questa responsabilità.

Ha vinto il volto giovane di Giorgia Meloni, è stata premiata la sua spontaneità, la sua freschezza, la sua verve ed anche la coerenza e costanza del suo percorso personale ed istituzionale, avendo iniziato in una sezione, per approdare nel Consiglio Provinciale di Roma e poi via via fino a Palazzo Chigi. Insomma ha vinto Giorgia Meloni. Alla domanda dei giornalisti che le chiedevano come desiderasse essere chiamata, ha risposto: chiamatemi Giorgia.

Una risposta sintetica, essenziale, che racchiude diversi aspetti.

In questa risposta, infatti, c’è la volontà di essere giudicata non per il genere, non perché donna, non per la facciata, ma per l’essenza, senza fronzoli, senza orpelli. In questa frase c’è tutto un vissuto lontano dai salotti buoni, distante da una concezione della società ovattata. In questa replica fulminea c’è un progetto ideale nel quale semplicità e chiarezza emergono come tratti essenziali del suo passato e del suo futuro.

Sarebbe però sbagliato, semplicistico e riduttivo appiattire tutta l’analisi sulla sola figura leaderistica (sebbene abbia meriti indiscussi ed evidenti), perché la scelta che ha compiuto il popolo italiano a settembre ha determinato uno snodo storico anche per ciò che Giorgia Meloni incarna, cioè quella destra dalla quale proviene e nella quale si riconosce senza infingimenti.

Gli italiani, infatti, non si sono trovati davanti ad una leader che per farsi apprezzare ha annacquato la propria identità politica, né ha assunto fatto assumere al proprio partito un atteggiamento camaleontico affinchè si mimetizzate nella moda del momento. Al contrario gli elettori hanno riconosciuto (e premiato) una leader che guida da tempo il gruppo dei conservatori europei, che è stata coraggiosamente all’opposizione degli ultimi Governi (anche quando gli spiragli tecnici le avrebbero consentito di sedersi comodamente su qualche poltrona), e che ha avuto la lungimiranza di collocare “Fratelli d’Italia” oltre gli steccati della destra novecentesca.

Oggi vi è su di lei un carico enorme di aspettative e speranze non solo di una parte politica, non esclusivamente di una comunità umana, ma di un popolo intero che ha fame di futuro.

Personalmente ho avuto il privilegio di conoscerla nel 2006, quando per la prima volta ci incontrammo a Roma in qualità, entrambi, di componenti dell’Assemblea Nazionale di Alleanza Nazionale. Venivamo da una comune esperienza istituzionale. Lei già consigliere provinciale di Roma, io già consigliere provinciale di Lecce. Tutti e due animati da una passione ideale genuina per i valori di una destra democratica, atlantica ed occidentale.

Quello che vedo oggi è lo stesso piglio che mi ha sorpreso allora: quello di una ragazza combattiva, spigliata, ma per nulla incline ad una visione puramente ideologica o smaccatamente retorica, ma puntuale nell’affrontare i temi di volta in volta all’ordine del giorno. Non potevo non condividere quella visione e così è stato nell’immediato futuro. Erano gli anni dominati dalla figura di Gianfranco Fini, che entrambi ci guardammo bene dal seguire nella sua scellerata parabola politica, nonostante gli inviti pressanti. Quella che allora qualche “colonnello” della destra ci intendeva far percorrere non era lo sbocco verso il futuro, ma un trampolino sul nulla, con tuffo mortale carpiato all’indietro rispetto a tutti i valori di una vita.

Ebbene, se c’è una cosa che ho riconosciuto allora e che è rimasta immutata nel tempo, è il coraggio di Giorgia Meloni di dare alla comunità della destra italiana una casa che fosse coerente nel cambiamento, lontana dalle sirene finiane, autonoma dalle politiche berlusconiane e distinta dalle istanze leghiste. Da lì è partito tutto, con percentuali minimali, ma che passo dopo passo, battaglia dopo battaglia, sono cresciute sino a giungere al successo del 25 settembre scorso.

Veniamo all’oggi. L’Italia è in buone mani. Lo è non solo per un percorso limpido tracciato fino ad oggi, ma anche per le scelte che la stessa Meloni ha compiuto nella formazione dell’Esecutivo. Per sua volontà del Governo fanno parte, infatti, Alfredo Mantovano e Raffaele Fitto, entrambi con ruoli incisivi e rilevanti, dando al Salento un onore e un onere difficilmente ipotizzabili solo qualche mese addietro.

Con Alfredo Mantovano ho avuto il piacere di stare in A.N. e di vivere tutti gli sviluppi della vita sociale e politica salentina dal 2000 in poi. Abbiamo percorso in lungo e in largo il Salento, lui da Sottosegretario agli Interni, io da consigliere provinciale, accomunati dal desiderio di dare alla nostra terra l’opportunità di ulteriore sviluppo e crescita.

La serietà, la competenza ed il garbo di Alfredo Mantovano sono doti da tutti riconosciute e apprezzate. Oggi il Governo si avvale della sua figura, il cui spessore conferma l’esistenza di una classe dirigente pronta e capace.

Con Raffaele Fitto, invece, i rapporti personali e familiari sono precedenti al 2000. Ricordo che da Presidente della Regione Puglia un giorno mi chiamò per dirmi: “Caro Biagio sto finanziando con fondi regionali la Statale Maglie-Leuca, verso la quale il tuo impegno è stato sempre massimo, lo faccio non per accontentare te, ma per garantire sicurezza e sviluppo al nostro Salento”.

Successivamente, nel corso degli anni, i rapporti politici e personali si sono intensificati. Tanto è vero che dopo l’esperienza comune nel “Popolo delle Libertà”, ed al termine di un periodo di risultati poco brillanti per lui, un giorno gli dissi: “Raffaele perché non valuti l’idea di aderire a Fratelli d’Italia?”. Mi sorrise e basta.

Dopo poco tempo mi comunicò la sua adesione a Fratelli d’Italia. All’epoca il partito era al 4,5%. Apprezzai molto la scelta di aderire alla formazione politica in un momento nel quale c’era solo da dare e non da chiedere; in una congiuntura nella quale quella opzione poteva allontanare gli esperti in salti sul carro dei vincitori e non avvicinarli; in un periodo storico nel quale non vi erano all’orizzonte poltrone ministeriali, tutt’altro.

Proprio quella decisione coraggiosa, controcorrente e lungimirante è stata giustamente premiata da Giorgia Meloni con la designazione, oggi, per un incarico ministeriale di peso e di alta responsabilità, che peraltro Raffaele Fitto si è conquistato anche alla luce dell’intesa attività svolta da Capogruppo al Parlamento Europeo, grazie alla quale, l’allora poco conosciuta leader di Fratelli d’Italia, ha acquisito un’immagine ed una statura comunitaria.

Come ha recente scritto il filosofo Marcello Veneziani: “Resta il miracolo di una ragazza che arriva da sola alle soglie del Governo; ora magari avrà tanti padrini la sua vittoria, e tanti tutori il suo governo, ma la sua ascesa l’ha compiuta da sola, in tv e in piazza, senza grandi esperienze di governo alle spalle, e con scarsi collegamenti e sostegni. Lei e il popolo, in mezzo il vuoto o quasi”. Ecco questo è accaduto, e questi sono i miei ricordi legati alla compagine governativa.

Se qualcuno me lo avesse anticipato qualche anno fa non ci avrei creduto, ma da sempre ci speravo. Oggi è diventato realtà politica, istituzionale e sociale.

Ora, però, c’è da navigare in mare aperto, esposti a continue raffiche di vento. Non è tempo di compiacimenti, ma bisogna tracciare la rotta tenendo il timone ben saldo: buona navigazione al Governo, buon futuro all’Italia.

Biagio Ciardo

IL MIO VIAGGIO TRA LE MURA DEL PALAZZO BARONALE DEI CAPECE

martedì, Gennaio 3rd, 2023

Quando la Redazione mi ha prospettato l’idea di scrivere un pezzo sul Palazzo feudale dei Capece ho accettato con entusiasmo, senza riserve. Da subito ho pensato ai sentieri da battere nell’affrontare con rispetto la vita evolutiva di un “Bene” al centro del paese, sotto gli occhi di tutti, ma da tanti poco conosciuto. Nel fare questo ho pensato ai viaggiatori del Grand Tour come Goethe, il raffinato Keats, Dickens, Montesquieu, tutti insieme immersi nella loro ricerca del bello e delle origini.

Ecco, ho chiuso gli occhi e calandomi nei loro panni li ho riaperti davanti al “castello” di Corsano. Castello sì, perché quello che alla nostra vista appare come un “palazzo”, in origine era un fortilizio, forse non inteso come quelli che ci hanno fatto sempre studiare sui libri di scuola con le torri agli angoli, il mastio centrale, mura alte e un profondo fossato attraversabile solo da un pesante ponte levatoio. Qui da noi, nel profondo sud, i castelli erano altra cosa. Almeno quelli medievali. Almeno quelli dei nostri paesi di periferia.

Non sappiamo se il feudale Fabiano Securo se ne costruì uno di sana pianta oppure se lo ebbe in dono da re Tancredi di Lecce dopo l’investitura di fine XII secolo. Questa informazione gli eruditi salentini del Seicento, purtroppo, non ce l’hanno saputa dare, di contro, una appetitosa indicazione la fornisce invece uno dei numerosissimi frammenti medievali superstiti del Grande Archivio del Regno di Napoli dove, all’interno di un lungo atto di restitutionis, è annotata la presenza del castrum Cursani riconsegnato sotto il governo di Carlo I d’Angiò nelle mani del legittimo proprietario dominus Mattheo de Tocco dopo che Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, glielo aveva tolto pochi anni prima, in regime di guerra, per donarlo al suo fiduciario Nicolaus de Sirino.

I “corsanesi medievali”, probabilmente, avrebbero colto al volo la sottigliezza proposta delle cancellerie regie classificando con esattezza il “castrum” del proprio paese, riconoscendolo in un fortilizio, un piccolo castello, o una qualsiasi opera difensiva a protezione del feudatario, più che del centro abitato.

Per continuare la ricerca della verità riguardo la storia del palazzo ho dovuto compiere deviazioni di viaggio tra le poche carte d’archivio, dalle quali trarre il meglio delle informazioni da incrociare con quello che la residenza, al momento, è in grado di raccontare. La qualifica di castrum affiancata al nome del paese ha un significato storico ben preciso oltre che funzionale, soprattutto alla luce della catalogazione del paese come casale, così come registrato più volte nel medioevo dal 1272, con il quale era indicato un centro abitato “aperto”, cioè privo di mura difensive ma non di difese. Il castro tardo medievale assume significati differenti rispetto all’originale dato dai romani, e nel caso corsanese il termine è associato a una semplice “casa forte” munita di una struttura turrita a pianta pressoché quadrangolare del tipo molto frequente in Italia, con molta probabilità circondato da un primo sbarramento costituito dalle mura di un cortile. Esempi notevoli nelle immediate vicinanze sono quelli delle torri dei palazzi baronali di Lucugnano, Nociglia e Vaste e quello leggermente più tardo della Turris Magna di Tricase. A tal proposito è probabile che i corsanesi del Trecento vedessero una torre paragonabile a quella vastese, tozza, quadrata, merlata e a due piani. Al suo interno nel 1318 si rinchiuse il Signore del paese insieme alla moglie e ad alcuni cortigiani. Come in un film il torrione al centro della scena era circondato dalla popolazione, costituita in quegli anni quasi esclusivamente da lavoratori della terra, che con forconi, zappe e bastoni alla mano inveivano contro il feudatario per protestare e mettere fine agli innumerevoli soprusi e abusi perpetrati nei loro confronti. È risaputo che in quel frangente il barone nel tentativo di placare gli animi agitati dei rivoltosi decise di inviare tra loro un’ancella della moglie, immaginando che una figura femminile potesse calmarli ma, in buona sostanza, mise la ragazza di fronte a una morte cruenta.

Ritornato nel punto esatto da dove è iniziato il mio viaggio, ho interrogato la facciata del palazzo, in cerca degli spunti di ricerca ed ho individuato almeno sei interventi architettonici marcati da differenti quote del prospetto, da tufi diversi per estrazione e forma, da giunti di divisione dei paramenti murari, e da due portali d’ingresso. A tutto ciò si aggiungono gli interventi che si leggono sulle altre tre facciate del palazzo e al suo interno.

Non mi sono lasciato ingannare dal grande ingresso perennemente chiuso, posto al centro del prospetto. Mi ha invece intrigato, e non poco, l’anonima porta d’accesso agli ambienti in uso agli Scout, porta che tanto normale non è, difatti a un occhio più attento non sfuggirà la sagoma tamponata di un piccolo portale con arco ribassato decisamente più antico del primo. Se non fosse che questa tipologia di arcata era particolarmente in uso nel periodo tardo medievale non mi sarei addentrato all’interno per capirne qualcosa in più. E ho fatto bene, perché la piccola porta nasconde una spessa muratura con l’intradosso o imbotto del portale che presenta un’interessante strombatura verso l’interno. La copertura di questa stanza, come del resto quelle delle camere a seguire, è del tipo a botte, e anche questa è una conferma dell’antichità del luogo. Non è un caso se con l’allargamento del palazzo a est alcune camere sono state coperte con una volta a crociera, sempre datata ma comunque più recente.

A questo punto l’obiettivo era individuare la “matrice” del palazzo. La sensazione di essere entrato nel luogo giusto l’ho avuta quando per accedere nella camera successiva ho dovuto attraversare una porta chiaramente aperta “a forza” nell’imponente muraglia. L’assenza di un architrave e lo spessore considerevole della muratura, molto simile per dimensioni a quella anteriore, sono indicatori intriganti che hanno trovato conferma nella piccola scalinata che conduceva al piano superiore, incastonata nella muraglia. Una scala che punta dritto nel bel mezzo della grande sala superiore, cosa che non ha alcun motivo di esistere. La sua funzione era, piuttosto, quella di condurre al piano alto di una costruzione da considerare tra le più antiche dell’intero palazzo, con le caratteristiche di una struttura tardo medievale, presumibilmente edificata nello stesso luogo del fortilizio svevo.

La presenza di una piccola fortificazione rendeva appetibile il paese, con l’inevitabile susseguirsi continuo di diversi feudatari che a vario titolo hanno messo mano alla residenza feudale. Il cortile interno, ridotto a un grande androne con volta piana realizzata durante gli anni della lavorazione del tabacco, era nell’era rinascimentale una corte esterna dalla quale accedere alla profonda galleria delle scuderie. È in questo secolo, il Cinquecento, che il palazzo ha visto una prima espansione in direzione Sud e Est. In questa fase c’è stato anche l’innalzamento del fabbricato sul piano primo come confermano alcune tipologie di volte più antiche, del tipo a padiglione. Non escludo che tutta l’area della grande sala fosse occupata da diverse stanze che completavano il piano nobile voluto dai Securo, ritornati a governare il feudo dopo oltre due secoli.

La svolta costruttiva che ha portato il palazzo ad assumere le sembianze attuali si è avuta solo nel Seicento, nel secolo d’oro per l’intera Terra d’Otranto e, da quello che ho potuto costatare addentrandomi al suo interno, anche per la residenza baronale di Corsano.

Il 1636 è la data spartiacque, l’anno in cui il feudo è stato acquistato dalla ricca e pluridecorata famiglia feudataria Capece, nella persona di Giovanni Tommaso.

I Capece arrivano a Corsano in una stagione nella quale il desiderio di autorappresentazione per la nobiltà era un valore irrinunciabile che spiega la realizzazione di cospicue imprese edilizie. Caratteristica del fenomeno era la tendenza a riqualificare gli interni, le facciate e i giardini, ma anche a costruire nuovi fabbricati attorno a quelli più antichi. Potrei stendere in questa sede un elenco lunghissimo di palazzi nobiliari disseminati in tutta la provincia d’Otranto, su tutti cito il castello di Corigliano d’Otranto, il palazzo ducale di San Cesario, il castello Imperiali di Francavilla Fontana e il più vicino palazzo principesco di Tricase.

Dopo aver visionato buona parte del palazzo, mentre ero alle prese con le successioni feudali, una forbice di date ha catturato immediatamente la mia attenzione: il periodo dal 1657 al 1668, decennio di governo del barone Carlo. Negli stessi anni a Tricase Stefano II Gallone faceva costruire il proprio palazzo allargando quello rinascimentale. Diversi particolari accomunano non a caso le due grandi residenze. Salito al piano nobile dallo scalone d’onore, che fino all’Ottocento era a destra del grande cortile interno, si entra immediatamente nell’aula più grande del palazzo: la sala del trono che aveva occupato il posto delle stanze cinquecentesche. Ho avuto la sensazione in entrare nell’omonima sala di Tricase con alte pareti, purtroppo anche qui senza intonaco, coperta a capriate e con finestroni grandi che fanno entrare tanta luce anche in una giornata uggiosa. E poi le finestrelle del matroneo, oggi tamponate, da dove si affacciavano i soldati, ma anche chi non aveva il permesso di fermarsi in sala durante i ricevimenti di corte, sono molto simili a quelle del palazzo tricasino. E che dire delle sale di rappresentanza a sinistra dello scalone d’onore con le volte a padiglione decorate a stucco con figure mitologiche, stemmi di famiglia, e persino l’allegoria della giustizia. Le porte che conducono da una stanza all’altra, da un “quarto” all’altro, sono decorate con stucchi ricoperti da calce da dove s’intravede un delicato finto marmo di colore verde che ricorda quello di palazzo Gallone.

Molte similitudini, molti punti di contatto, molti indizi che messi insieme fanno una prova. Carlo Capece frequentava Tricase e gli altri paesi del suo circondario e trafficava con Casa Gallone. Mi è capitato più volte di incrociarlo, insieme ai suoi familiari, nei registri parrocchiali cittadini nel ruolo di padrino di battesimo o cresima. Non è casuale quindi che gli interni dei due palazzi abbiano delle affinità. È probabile che lo stesso progettista abbia lavorato a Tricase e poi a Corsano, ma in questa sede, dopo quello che ho visto, non mi sento di escludere il contrario.

Il mio personale viaggio alla scoperta del palazzo feudale vuole rendere giustizia alla grandiosità dell’edificio insieme al suo potenziale, nonostante l’elevato tasso di degrado in cui versa. Una residenza, quella dei Capece, che merita di essere scoperta, acquisita al patrimonio della collettività, salvata dall’oblio in cui sta continuando a versare da troppi anni. Un viaggio che continua, con l’auspicio che quella del “castello” di Corsano possa essere, finalmente, una “Storia a lieto fine”.

Salvatore Musio

La foto vincitrice del concorso “La tua foto in prima pagina” è di Tiziana Mauro

martedì, Gennaio 3rd, 2023

Foto di Tiziana Mauro

É questa la foto vincitrice del concorso “La tua foto in prima pagina” che troverete sul periodico “La Voce di Corsano” fresco di stampa.

Lo scatto è di Tiziana Mauro che è riuscita ad immortalare dalla scuola materna (in contrada Pozze) lo skyline di Corsano dove spicca la Chiesa di San Biagio con il suo campanile.

Complimenti a Tiziana ed appuntamento al prossimo anno!

IL TEMPO DELL’ATTESA DEVE FINIRE: APRITE IL CANTIERE DELLA 275

sabato, Novembre 12th, 2022

La Voce di Corsano sostiene la campagna di stampa del Quotidiano: potete inviare un messaggio whatsapp al 375.5899963 oppure una mail a lecce@quotidianodipuglia.it per sollecitare l’avvio del cantiere della  S.S. 275.

Il Nuovo Quotidiano di Puglia – Edizione del 12.11.2022

IL CT TENNIS PROMOSSO IN SERIE B!

lunedì, Luglio 18th, 2022

Il Circolo Tennis “Maurizio Longo” di Corsano conquista uno storico risultato: vincendo la finalissima, giocata contro il Circolo Tennis Asti-Alessandria lo scorso 17 luglio, approda in Serie B.

I corsanesi appena un anno fa avevano messo a segno il salto di categoria, ottenendo la promozione in serie C, ma evidentemente quel successo non è bastato per soddisfare la fame di vittoria. I dati lo dimostrano.
Dopo un girone regionale dominato a punteggio pieno, il CT Corsano ha prima superato il Tuglie nella sfida play-off ed a maggio ha sconfitto il CT Bisceglie nello scontro ad eliminazione diretta che ha consentito agli atleti corsanesi di accedere alla fase nazionale contro il CT Asti-Alessandria.
L’approccio alla finale per i ragazzi del Corsano è stato subito deciso e concreto, tanto è vero che l’andata ad Alessandria, giocata lo scorso 26 giugno, ha visto i corsanesi ottenere un eloquente 4 a 2.

Nonostante le temperature estive il pubblico di casa ha gremito gli spalti sostenendo i padroni di casa sin dal primo singolare. Gli spettatori sono stati ripagati con partire contraddistinte da un notevole tasso tecnico ed atletico che ha visto i corsanesi imporre un gioco pragmatico, ma nel contempo stilisticamente impeccabile.

Una vera cavalcata che ha consentito di ottenere la promozione in B.

Per la cronaca il risultato della sfida di ritorno è stato di 3-1 con i seguenti punteggi:

Annecchiarico – Petrocelli 7/5 6/3
Cocco – Casella 7/5 6/3
Bastia – Valdetara 7/5 6/2
Degiovanni – Monticone 0/6 0/6.

“La promozione dello scorso anno è stata per noi un punto di partenza e non un punto di arrivo – dichiara il Direttore Sportivo Luigi Grecotanto è vero che abbiamo programmato per tempo e con cura questa stagione sportiva puntando senza infingimenti alla B, creando un gruppo di atleti di assolutopregio. Gli sforzi organizzativi ed economici posti in essere – conclude il DS Greco – sono stati pienamente ripagati da prestazioni qualitativamente eccezionali che sin da subito hanno confermato lo spessore atletico e tecnico di tutti i nostri tennisti che ringrazio per la professionalità, la tenacia e lo spessore umano”.
“La promozione in serie B – afferma il Presidente Antonio De Giovanniè il coronamento di un sogno per l’intero movimento tennistico corsanese. L’abbiamo cercata con decisione, programmazione e passione. Ora è il momento dei festeggiamenti per un percorso eccezionale compiuto grazie all’impegno di tutti”.